E chi l’ha detto che i nativi digitali non guardano più la televisione? Di sicuro tengono spesso in mano il cellulare o il tablet; certamente hanno una familiarità straordinaria con le App; senza dubbio si tuffano fin da piccolissimi nel pianeta YouTube e in tutti quei siti che offrono filmati in Rete. Ma chi ha dai tre ai sedici anni non ha abbandonato la vecchia, cara tv.
L’elettrodomestico “magico” continua a catturare i ragazzi, persino a segnarne il vocabolario o i comportamenti. Come a dire che anche nell’era dei social network la televisione non è ancora finita in soffitta. Lo dicono i numeri dei ventisette canali tematici per bambini e preadolescenti che l’Auditel censisce e che Avvenire ha messo a confronto.
Negli ultimi cinque anni la platea di quella che un tempo veniva chiamata la “tv dei ragazzi” è cresciuta del 21%: siamo passati dai 537mila spettatori del giorno medio nel 2012 ai quasi 649mila nel 2016. Un incremento che però non è identico per tutte le reti. Mentre le sette stazioni gratuite del digitale terrestre, che chiunque può ricevere con l’antenna di casa, vedono allargarsi del 42% la loro platea, si assiste a un’autentica “fuga” dalle emittenti a pagamento (quasi tutte proposte da Sky a cui si aggiunge qualcosa di Mediaset Premium): i venti canali pay crollano del 43% in un quinquennio e del 32% negli ultimi quattro anni.
Un’emorragia che «mostra come la logica pay sia un ostacolo soprattutto per i più piccoli», spiega Massimiliano Padula, neo presidente del Copercom e presidente uscente dell’Aiart (l’associazione dei telespettatori d’ispirazione cattolica). «Se la televisione a pagamento – prosegue – mette al centro il consumatore consapevole, i bambini non lo sono. E, seguendo questa concezione, in un tempo di crisi le famiglie lasciano la tv che non si possono permettere economicamente».
Per la ricerca Audiel si può approfondire a questo link: https://www.avvenire.it/agora/pagine/tv-dei-ragazzi
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