Presentata la “Carta dei diritti del bambino inguaribile” contro la cultura dello scarto

Il drammatico caso del piccolo Alfie, nove mesi dopo quello simile di Charlie Gard, ha spinto l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, per impulso della sua presidente Mariella Enoc, a presentare lunedì 28 maggio un decalogo dei «diritti del bambino inguaribile» nella certezza che l’assenza di una terapia risolutiva non possa mai equivalere a un giudizio di incurabilità. 

È attorno a questa convinzione – e per attrezzare una via etica e clinica per non restare prigionieri di casi futuri – che è nato anche il seminario scientifico organizzato ieri a Roma nella sede dell’ospedale al Gianicolo attorno alle questioni aperte dal modo in cui prima Charlie e poi Alfie sono stati portati a morte proprio da chi avrebbe dovuto tutelarli.

«Quello che proponiamo è un percorso aperto a chi crede come noi nel dovere della cura anche oltre la speranza di una guarigione – spiega la presidente del Bambino Gesù. Qui lavoriamo per testimoniare che lo ‘scarto’ denunciato dal Papa si argina anche accogliendo da tutto il mondo piccoli pazienti come Alfie, che altrove non si curano anche per una scelta di risorse, e insistendo sulla ricerca di assoluta avanguardia». Diventa così un avamposto anche questo ospedale romano che brulica di umanità tutt’attorno all’aula dove medici, bioeticisti, politici e giuristi si confrontano sui “diritti di tutti gli Alfie del mondo”.

La Carta dei diritti del bambino rappresenta quella «alleanza terapeutica tra medici e famiglia senza la quale si apre la porta alla decisione sulla vita per sentenza – dice il presidente della Pontificia Accademia per la Vita monsignor Vincenzo Paglia –. Ma arrivati a quel punto tutti hanno perso». Un monito su possibili soluzioni analoghe dietro l’angolo, che per il magistrato esperto di diritto minorile Giuseppe Magno «sono inevitabili per chi considera il paziente senza speranza di migliorare privo del diritto di ricevere cure».

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