Don Emanuele De Maria – Delegato Pastorale Giovanile Salesiani Italia Centrale e Coordinatore dell’Osservatorio Salesiano per i Diritti dei Minori – nell’intervista che segue descrive le iniziative che le singole realtà stanno portando avanti per mantenere costanti presenza e vicinanza ed esorta a tenere sempre alto il grado di vigilanza soprattutto nei confronti dei ragazzi, dei giovani, delle persone in difficoltà:
Come sta vivendo l’emergenza attuale la comunità salesiana?
Le comunità educativo-pastorali dell’Italia Centrale hanno dimostrato una buona reattività di fronte a questa situazione di emergenza, impegnandosi fin dai primi giorni per continuare ad essere presenti nella vita della gente e soprattutto dei ragazzi e dei giovani. Non possiamo certo negare che il nostro impegno educativo-pastorale salesiano, che fa della relazione uno dei suoi cardini principali, risenta della possibilità di non poter condividere la vita quotidiana con i ragazzi. Ci si scontra con tante difficoltà, ma è bello percepire come la passione educativa spinge a trovare soluzioni e genera creatività.
Alcune comunità stanno ancora sperimentandosi per comprendere come riuscire ad essere incisive, ma nessuna è “rimasta” ferma.
Le singole realtà hanno dato vita ad iniziative? Quali? Buone prassi che si stanno sviluppando in questo momento.
Tutte le realtà, a volte in modi molto differenti, stanno promuovendo iniziative attraverso gli strumenti telematici.
Ne cito alcune, a titolo di esempio: La Melagrana, associazione inserita nella comunità educativa di Scandicci è ente capofila di una raccolta fondi per sostenere il reparto di terapia intensiva dell’ospedale Torregalli, a pochi metri dalla nostra casa; a Prato, su richiesta del prefetto, l’oratorio gestito dall’associazione La lunga domenica ha attivato un numero verde per essere di sostegno alle fasce più deboli della cittadinanza; a Varazze, l’oratorio sta ideando un progetto da presentare al comune, affinché le famiglie che hanno la possibilità del wi-fi in casa possano condividerlo con coloro che, nello stesso palazzo, non hanno accesso a questo servizio; tante realtà cercano di continuare on line il sostegno scolastico ai ragazzi che, fino a qualche settimana fa, erano accolti nei nostri doposcuola.
Tante sono poi le comunità educativo-pastorali che, in sinergia con le istituzioni civili e la Caritas, stanno contribuendo ad assistere anziani e persone indigenti… sono soprattutto i giovani a lasciarsi coinvolgere in questi servizi che richiedono prudenza e generosità e questo è un bel segno di speranza!
Tantissime realtà curano momenti di preghiera e di riflessione attraverso i canali social e la gente ci rimanda tanto affetto e gratitudine per questo. Si percepisce forte una domanda di vicinanza e di senso profondo, al di là delle tante parole da cui si è bombardati. Dopo tante energie spese a valorizzare il “know how”, le persone sentono il bisogno di concentrarsi sul “know why”, sulle domande profonde che ciascuno porta dentro al cuore.
È fondamentale in questo periodo di crisi ”fare rete”. Quali le strategie migliori per non far sentire nessuno da solo e per dare una guida comune?
Questa è certamente una grande sfida, perché le singole realtà tendono a muoversi in risposta ai bisogni concreti del loro territorio specifico e della propria gente. È quindi normale che le risposte e le iniziative siano differenti a seconda dei contesti.
Un criterio che ci siamo dati è quello di fare in modo che le comunità non si fermino e siano aperte anche ai bisogni del territorio… potremmo tradurre così: parafrasando un’espressione di una nostra operatrice, “i cancelli sono chiusi, ma mente, cuore e mani continuano a lavorare”.
Sul fronte dei ragazzi e dei giovani stiamo incoraggiando le realtà a fare in modo di non perdere i contatti e di provare in tutti i modi a farli sentire accompagnati e ascoltati in questo momento. A volte ci scontriamo con la fatica di contattare proprio i ragazzi più in difficoltà perché spesso non hanno accesso, anche culturale, ai mezzi di comunicazione che in questo momento sono gli unici canali possibili. Può sorprendere, ma è proprio così.
Infine, stiamo promuovendo in diversi modi la condivisione di prassi e anche di materiali tra educatori affinché anche chi si scontra con qualche difficoltà possa trovare negli altri, nella rete, un sostegno e qualche buon consiglio!
L’essere una “famiglia”, ben distribuita e presente in tutta l’Italia centrale è un’opportunità preziosa che abbiamo e che in questo momento riusciamo ad apprezzare e valorizzare di più.
Come poter aiutare e sostenere le famiglie in difficoltà sia da un punto di vista educativo che pastorale?
Certamente non pretendiamo di possedere la risposta “definitiva” a questa domanda!
Stiamo cercando, come prima cosa, di far percepire la nostra presenza, attraverso contatti più frequenti che, generalmente, ricevono una buona accoglienza da parte delle famiglie. In alcuni casi, quelle “alleanze educative” che generalmente sono difficili da instaurare, risultano più spontanee.
Offriamo anche il nostro supporto affinché le famiglie possano mettere in condizione i propri figli di accedere alle piattaforme scolastiche e di utilizzarle in tutte le loro potenzialità.
Come affrontare la distanza sociale e la solitudine che in questo periodo può causare ancora più difficoltà nei soggetti più deboli, come ad esempio i minori che vivono in nuclei familiari difficili o nelle realtà più povere (sia da un punto di vista educativo che economico)?
Lo strumento che abbiamo a disposizione in questo momento è, ancora una volta, la vicinanza. Sentiamo l’esigenza di renderci “presenti” anche se non è possibile farlo fisicamente.
È sorprendente come gli operatori e gli educatori stiano dando spazio alla creatività, pur di coinvolgere i ragazzi più poveri… seppure in una situazione di emergenza e, in alcuni casi, di tragicità stanno emergendo risorse e qualità finora inesplorati e che, ne siamo certi, rimarranno come patrimonio educativo anche nel dopo-emergenza.
A tutto questo, si aggiunge il lavoro di advocacy che stiamo cercando di portare avanti, in rete con tante realtà italiane, affinché tutte le situazioni di vulnerabilità, povertà, marginalità famigliare e giovanile non vengano lasciate a loro stesse…
A conclusione Don Emanuele aggiunge:
“Lontano dagli occhi, lontano dal cuore”. Questo proverbio ci mette in guardia da un rischio sempre in agguato: quello di dimenticarci, man mano che passano i giorni, di tante persone che hanno bisogno… È parte di come siamo fatti, ci abituiamo a tutto. Ce ne accorgiamo anche quando leggiamo le notizie o guardiamo il tg: fino a qualche giorno fa ogni numero era importante, ogni notizia attirava la nostra attenzione… oggi forse il nostro livello di “vigilanza” è più basso.
Che non succeda lo stesso nei confronti dei ragazzi, dei giovani, della gente in difficoltà: rimaniamo “immersi” con tutte le nostre energie nell’umanità che continua a vivere e, in molti casi, a soffrire… chiediamolo come dono al Signore!
Don Emanuele De Maria
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