Ri-scoprire la gioia di stare insieme e ri-mettersi in gioco con i propri figli. Intervista a Don Stefano Aspettati

Abbiamo rivolto a Don Stefano Aspettati –  Ispettore Circoscrizione Italia Centrale – alcune domande  per comprendere in che modo, secondo lui, le famiglie possono affrontare al meglio questo periodo di emergenza e quali siano gli aspetti  comununque positivi che dobbiamo imparare a riconoscere anche nella sofferenza .

In questa situazione di emergenza anche i ragazzi sono chiamati a dare il loro contributo, come renderli consapevoli dell’importanza delle loro azioni e della necessaria rinuncia ad alcuni aspetti tipici della loro giovinezza, come ad esempio la socialità?
Il compito di un educatore (genitore, insegnante, operatore…) in questi casi non è facile, perché chiede di porre in atto dei comportamenti che immediatamente un ragazzo non assumerebbe. Sull’avere gli atteggiamenti che sono richiesti per questa emergenza qui è difficile dare ricette, dipende dal tipo di ragazzo. Con qualcuno può funzionare l’idea di vivere una sfida grande in cui ognuno può fare la sua parte decisiva. Con qualcun altro funziona di più il pensiero per le persone deboli, che sono le più attaccabili e a favore delle quali cercare di ridurre al minimo la circolazione del virus per preservarle.

I ragazzi assorbono e ritrasmettono in maniera forse amplificata i messaggi, le emozioni e le preoccupazioni che gli adulti manifestano (dalla paura di ammalarsi alle ansie dovute al lavoro), come fare da genitori a rassicurarli?

Anche i genitori devono raccogliere una sfida grande e inedita. Essi hanno effettivamente paura e non possono non averne. Credo che – se l’età lo consente – la cosa migliore sia parlare coi figli cercando di dire la verità ma allo stesso tempo trasmettendo la fiducia che il tutto si possa e si debba affrontare; e farlo insieme. Non bastano slogan che dicono che tutto andrà bene (concetto troppo generico e che, ahimè, non potrà valere per tutti), occorre trasmettere l’idea che tutto si può affrontare.

Oltre ai genitori anche gli altri adulti di riferimento (educatori, insegnanti) in questo periodo devono porsi in maniera ancora più forte come guida per i bambini e per i ragazzi, anche se si trovano a distanza. Secondo lei la distanza che siamo costretti a vivere cosa può far perdere e cosa può aggiungere ai rapporti?
Anche gli adulti di riferimento percepiscono quanto sia importante quella vicinanza fisica che forse a volte si dà troppo per scontata. La distanza può far perdere spontaneità, frequenza di relazioni. D’altra parte tra i vantaggi della distanza può esserci la crescita proprio del desiderio di relazioni, per cui al ragazzo fa piacere essere raggiunto (e prima ancora pensato) da un educatore ed egli stesso può riscoprire il piacere di contattare con calma magari persone con cui si erano allentati i rapporti. Inoltre la distanza fisica insieme alla percezione dell’eccezionalità del momento, può favorire nel ragazzo la ricerca di una confidenza con l’educatore prima neanche immaginata.

Quali sono i diritti dei minori che rischiano di essere maggiormente violati, soprattutto nelle realtà più povere? Molti ragazzi, ad esempio non possiedono gli strumenti tecnologici per poter seguire le lezioni a casa, si rischia così di aumentare il disagio ed il divario sociale?
La distanza può far perdere letteralmente alcuni ragazzi più deboli o che non hanno gli strumenti elettronici per essere raggiunti per via telematica. Questa emergenza, anche da un punto di vista educativo rischia di scavare ancora di più il solco tra ricchi e poveri. Quando riflettiamo da educatori sull’importanza di educare all’uso dei media diciamo certamente una cosa giusta perché tocca una grande fetta di ragazzi, ma un evento come questo ci mette davanti la realtà che ci sarà sempre un’altra fetta di ragazzi che questi strumenti non li usa perché non li può usare e che andranno raggiunti sempre in una maniera personalizzata.

L’impiego della tecnologia in questa fase di distanziamento sociale risulta importante e massiccio, è comunque fondamentale insegnare ai ragazzi l’importanza di non perdere i contatti con la realtà e di mantenere acceso e vivo il senso di umanità?
Sarebbe importante far comprendere al ragazzo che a volte proprio dalle privazioni si capisce l’importanza delle cose; in questo caso dall’assenza di socialità capire quanto è bello e importante vedere le persone in carne e ossa e non solo attraverso uno schermo, senza darlo per scontato, e programmare di avere un atteggiamento diverso una volta finita l’emergenza.

Bambini e genitori trascorrono molto tempo insieme in questo periodo. Occorre molta inventiva per distrarre i più piccoli in casa: la fantasia dei genitori e la fantasia dei bambini incontrandosi possono rappresentare un momento di unione per le famiglie ed insegnare un nuovo senso di unità?
Per quanto duro possa essere ammetterlo, alcuni genitori si trovano a fare gli sposi e i genitori “a tempo pieno” per la prima volta o dopo molto tanto tempo. Non si tratta di un giudizio su di loro ma eventualmente sul nostro stile di vita. Trovo però che debba essere bello l’apprendimento, (ri)scoprire la gioia di poter stare insieme e “perdere” anche del tempo insieme (che non è mai tempo perso), potersi rimettere in gioco, proprio per stare al gioco dei figli. Mi piace pensare che questo sia uno degli spazi più belli che questo dramma ha indirettamente causato.

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Don Stefano Aspettati

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