LA VOCE DI CHI LAVORA CON I RAGAZZI: «L’ASCOLTO FUNZIONA, MA BISOGNA OPERARE ANCHE SUGLI ADULTI»

«Le fragilità degli adolescenti di oggi? Sono le stesse di sempre. Quel che è cambiato è che c’è maggiore confusione nel rapporto tra genitori e figli, c’è minore capacità di dire un no ai ragazzi. E quindi ci sono meno regole».

Il professor Sergio Berardi insegna diritto e economia politica al Russel Newton di Scandicci. Ma nella sua scuola per molti anni si è caricato anche della responsabilità di curare i rapporti con le famiglie, di seguire gli studenti in difficoltà. E questo lo ha portato molte volte faccia a faccia con i problemi dell’abbandono scolastico, delle situazioni di disagio degli adolescenti. «Inutile banalizzare — racconta — tra i 13 e i 18 anni la fragilità nei ragazzi c’è sempre stata, è il periodo della trasformazione del corpo, della formazione di un’identità. Mi sembra però che oggi, rispetto al passato, molti genitori si pongano come amici dei propri figli.

Non sono per un’educazione oppressiva, ma un no, un no ragionato che permetta nel ragazzo la costruzione di un complesso di regole, serve. Oggi invece i genitori spalleggiano i figli, c’è un continuo intervento a scuola per giustificare qualsiasi mancanza dei ragazzi, per contestare un voto. Bisogna stare attenti a non creare fratture con i docenti».

«Non si accettano»

Al professor Berardi capita di trovare ragazzi che alla prima ora non stanno in piedi dal sonno. O la ragazzina che denuncia il furto di 50 euro: «Sono i segnali del fatto che non tutti, ma alcuni sì, non hanno orari, fanno tardi la notte, o hanno troppi soldi in tasca». A scuola, i ragazzi difficilmente si aprono con gli insegnanti. Ma capita che si sfoghino in un tema d’italiano e che da lì possano emergere segnali di disagio su cui intervenire. Mentre quando si fanno lezioni con psicologi o psicoterapeuti, anche dell’Asl, i docenti escono dall’aula per permettere a di fare domande liberamente: «È più facile farlo con un estraneo, è più facile farlo con chi non dà voti». «Far vedere loro che non li giudichiamo è il primo modo per farli aprire», dice Patricia Bettini, responsabile dei Centri consulenza giovani che l’Asl ha inaugurato nel 1996.

«Gli adolescenti con cui parliamo hanno quasi tutti lo stesso problema: accettarsi. Vengono da noi perché hanno dubbi sul corpo che cambia, sulla sfera affettiva, sulle amicizie, nel rapporto con le famiglie. Temono di essere inadeguati e esclusi. Nello stesso tempo, quella è l’età in cui si sperimenta il rischio, in cui si scoprono i propri limiti. Purtroppo a volte con l’alcol e le sostanze stupefacenti».

Educazione per gli adulti

L’autolesionismo è una delle conseguenze più frequenti. «Oggi, rispetto al passato — aggiunge Bettini — da un lato abbiamo adulti che sembrano adolescenti, dall’altro abbiamo gli smartphone che anziché avvicinare i ragazzi, aumentano la solitudine». L’ex preside del Gobetti Volta di Bagno a Ripoli (ora dirigente al comprensivo di Rignano), Clara Pistolesi, ha deciso di favorire un confronto diretto tra i ragazzi. Per aiutare chi è rimasto indietro a scuola, tre anni fa è partito il progetto dei gruppi di studio pomeridiani. «Non solo i ragazzi recuperano, imparano un metodo e quindi a rispettare le regole, ma qualche volta i loro insegnanti sono i loro colleghi più grandi.

E gli insegnanti stanno sempre fuori della porta. Ma le regole servono. E una volta che un ragazzo ha imparato a non rispettarle, è possibile re-insegnargliele? «Sì, i ragazzi sono spugne — assicura il professor Berardi — il problema è che se non cambiamo la testa dei loro genitori, se non facciamo crescere chi le regole dovrebbe darle, è una battaglia persa».

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