27 gennaio: l’importanza di trasmettere alle nuove generazioni il valore della memoria.

Si celebra oggi la Giornata della Memoria, il ricordo delle vittime dell’Olocausto, delle leggi razziali e delle deportazioni militari nella Germania nazista.

La scelta di questo giorno è legata ad uno dei momenti chiave della fase conclusiva della Seconda guerra mondiale. Il 27 gennaio 1945, infatti, l’Armata Rossa entrava con le sue truppe in quello che resta il luogo più significativo dell’orrore nazista, il campo di concentramento di Auschwitz, liberandolo.

Se l’istituzione di questa giornata fu fortemente voluta dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che ad essa dedicò una risoluzione del novembre 2005, tuttavia l’esigenza di conservazione storica e sociale della memoria dell’olocausto era già stata espressa, in Italia, con la Legge 211 del 2000, istitutiva proprio del Giorno della Memoria[1], che ci invita a non dimenticare quei sei milioni di persone che persero la vita durante la cosiddetta “soluzione finale”: ebrei, oppositori politici e altre minoranze.

Celebrare la memoria vuol dire non soltanto conservare la portata storica di un evento, quanto piuttosto interiorizzare, a livello sociale, in ogni epoca, il valore di quel fatto storico, custodirne il valore e attualizzarne l’insegnamento. In questo senso, sempre più evidente è l’urgenza della trasmissione alle nuove generazioni del valore della memoria, come antidoto alla costante crescita del fenomeno del negazionismo[2] e come elemento di costruzione della coscienza sociale dei giovani.

 

 

[1] Significativi sono gli articoli 1 e 2 della legge 20 luglio 2000 n. 211, che così definiscono le finalità della ricorrenza:

«La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
(…) sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere

 

[2] Una ricerca dell’Eurispes riporta che in Italia il numero dei negazionisti è aumentato, negli ultimi 15 anni, passando dal 2,7 al 15,6%

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