Violenze e torture. Donne e bambini vittime nelle prigioni libiche

Denutriti e debilitati, quasi tutti con almeno un anno alle spalle di permanenza nei centri di detenzione libici. Dietro l’ultimo caso politico consumatosi nel fine settimana e che ha coinvolto le navi della Guardia costiera e di Frontex ci sono le storie di sofferenza raccolte dagli operatori delle organizzazioni internazionali, che nelle ultime 48 ore, hanno dato il benvenuto in Italia ai 450 migranti e richiedenti asilo provenienti dalla Libia. Tutti eritrei e somali, tra loro 43 donne, 14 bambini e 113 minori non accompagnati. 

“Gracilissimi, alcuni direi proprio scheletrici” – racconta a Redattore sociale Marco Rotunno, responsabile comunicazione di Unhcr(Alto commissariato Onu per i rifugiati) in Sicilia – dai primi racconti che abbiamo raccolto tutti hanno passato un lungo periodo, non meno di un anno, dentro un hangar, cioè dentro un centro di detenzione in Libia. “Questa notte abbiamo visto scendere dalle navi anche ragazzi molto giovani, tra 16 e 14 anni. In tutto sono 113 quelli non accompagnati- spiega – stiamo proseguendo nelle interviste e nel nostro lavoro di supporto”.

Anche il team di Medu presente all’arrivo del rimorchiatore della Guardia di Finanza al porto di Pozzallo con 43 donne e 14 bambini, parla di situazioni al limite. “Forse, la migliore sintesi di questo sbarco è un bimbo eritreo di un anno e mezzo, giunto insieme alla mamma. Ha la scabbia, riporta sul corpicino diverse cicatrici, sul labbro un’estesa ferita non cicatrizzata – sottolineano in una nota – ‘Lo hanno picchiato in Libia’ dice la mamma, mentre il figlio mostra costanti reazioni di paura ad ogni piccolo rumore e agita la manina su e giù, probabilmente simulando le percosse viste e subite durante la detenzione in Libia”. Medu spiega che sono numerosi i minori che riportano gravi sintomi fisici/psichici ed in aggiunta ustioni da sole conseguenti alla lunga attesa prima dello sbarco. “Donne e bambini hanno trascorso in media da uno a due anni nelle prigioni libiche subendo violenze ripetute, torture, continue privazioni di cibo acqua e cure mediche – aggiungono.

Fonte: Redattore Sociale

Foto copertina: TPI

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