La tutela del diritto allo studio all’epoca della DAD

In vista del Webinar del prossimo 5 marzo sul tema “I diritti negati al tempo del Covid-19: le nuove disuguaglianze”, proponiamo un breve focus sull’argomento della tutela del diritto allo studio nell’emergenza Coronavirus.

L’attuale situazione Covid ha messo in luce il divario tra le famiglie fornite dei mezzi per l’accesso alla DAD e quelle che restano ai margini delle nuove modalità digitali della didattica, con sensibili differenze tra le diverse aree del nostro Paese. Stando ai dati riportati da Auditel-Censis, infatti, in Italia 3,5 milioni di famiglie non dispongono di internet, mentre altri 6 milioni vi accedono solo tramite smartphone, restando così, di fatto, escluse dalle potenzialità dello studio e del lavoro a distanza.

Quello che è stato definito come «il vero distanziamento sociale delle famiglie»[1] ha delle importanti ricadute sul diritto allo studio per migliaia di studenti, causando un’emarginazione educativa importante.

E se l’articolo 34 della Costituzione, in combinato disposto con l’articolo 3, imporrebbe la rimozione degli ostacoli ad ogni disparità formativa, nella pratica la carenza di mezzi digitali adeguati aggrava la povertà educativa[2].

Per le nuove generazioni la questione dell’accesso ai servizi si pone quindi, ad oggi, prima di tutto come problema di accessibilità ai mezzi di comunicazione digitali, per poter fruire, in condizioni di parità con gli altri studenti, del miglior livello d’istruzione possibile.

Una DAD prolungata e indiscriminata rischia di inasprire ulteriormente alcune criticità presenti nella scuola.

Secondo gli osservatori, infatti, l’apprendimento “a distanza” inciderebbe anche sull’abbandono scolastico[3]. Il fenomeno colpisce maggiormente il sud, dove la percentuale di dispersione è più alta e minore è il numero di studenti che concludono il ciclo d’istruzione superiore.

Emerge inoltre la preoccupazione degli insegnanti circa la compressione del diritto allo studio per gli alunni diversamente abili, privati di quel sostegno che avrebbero invece in presenza.

La necessità di adattamento ai nuovi metodi di apprendimento è quindi un aspetto tutt’altro che trascurabile, e impone di ripensare con attenzione le formule di erogazione della didattica per garantire efficacemente ai giovani di ricevere un’istruzione di qualità.

[1] Sul fenomeno si rinvia all’interessante articolo di Avvenire.it: https://www.avvenire.it/economia/pagine/famiglie-senza-internet-auditel

[2] In particolare, il Trentino Alto Adige e la Lombardia risultano le Regioni con la più alta percentuale di famiglie dotate di connessione con banda larga. Dall’altro lato troviamo il Molise, la Calabria e la Sicilia.

[3] Si rimanda al precedente articolo “Riapertura delle scuole: tra lezioni in presenza, DAD, incertezze e criticità”:

«Secondo la nuova indagine condotta da IPSOS per Save the Children “I giovani ai tempi del Coronavirus”, infatti, il 28% degli studenti dichiara che almeno un loro compagno di classe dal lockdown di questa primavera ad oggi avrebbe smesso di frequentare le lezioni. Si stima che circa 34mila studenti delle scuole secondarie di secondo grado potrebbero abbandonare la scuola.

Difficoltà della connessione e fatica a concentrarsi nel seguire la didattica dietro uno schermo sembrerebbero le cause principali delle assenze dalla DAD. Ben 4 ragazzi su 10 (38%) bocciano l’esperienza con la DAD.»

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