Sabato 30 e domenica 31 ottobre 2021 si è tenuto a Roma il Vertice conclusivo dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi appartenenti al G20, per la prima volta, dalla sua nascita nel 1999, ospitato dall’Italia.
Il G20 è il foro internazionale che riunisce le principali economie del mondo; si tiene ogni anno dal 1999 e dal 2008 prevede lo svolgimento di un Vertice finale, con la partecipazione dei Capi di Stato e di Governo.
Il Summit, che ha ospitato i leader dei 20 tra i Paesi più ricchi del mondo per affrontare numerosi temi chiave dell’agenda globale, si è concluso con l’adozione della G20 Rome Leaders’ Declaration.
Tra i temi principali intorno ai quali si è articolato il Vertice vi sono stati: l’emergenza Covid-19 e in particolare la questione vaccini nel mondo, la crisi climatica e la ripresa globale post-pandemia.
Senza dubbio, però, il tema più critico nonché una delle questioni centrali del G20 è stata proprio la crisi climatica, in vista anche dell’apertura della Cop26 – la 26a Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite –, che si sta svolgendo dal 31 ottobre a Glasgow, in Scozia, e che si concluderà il 12 novembre 2021. Il Vertice di Roma si pone come un appuntamento di fondamentale importanza nel percorso verso la Cop26, facendo da apripista per le future trattative: l’intesa raggiunta e le decisioni prese al Vertice del G20 di Roma rappresentano, infatti, la base di partenza dei negoziati alla Cop26 di Glasgow, l’annuale conferenza dell’Onu sul clima, dove a doversi mettere d’accordo sono quasi 200 Paesi.
Per quanto riguarda il clima, a conclusione del G20, i Paesi partecipanti al Vertice – che insieme sono responsabili di circa l’80% delle emissioni globali – sono giunti ad un accordo sulla necessità di agire per contenere il riscaldamento globale entro il tetto massimo di 1,5 gradi centigradi.
I Paesi del G20 restano «impegnati nell’obiettivo dell’Accordo di Parigi di mantenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto dei 2°C e di proseguire gli sforzi per limitarlo a 1,5°C al di sopra dei livelli preindustriali» si legge nel documento conclusivo del Vertice di Roma, dove si riconosce anche che: «l’impatto del cambiamento climatico a 1,5°C è molto inferiore rispetto a 2°C. Mantenere l’obiettivo di 1,5°C a portata di mano richiederà azioni significative ed efficaci e l’impegno da parte di tutti i Paesi».
Tuttavia, si sottolinea che non viene specificata una data precisa per raggiungere tale obiettivo. Dal documento finale del G20 di Roma scompare, infatti, il riferimento al 2050 come termine per azzerare le emissioni. La deadline indicata nella dichiarazione conclusiva per il raggiungimento del target emissioni zero è fissata «entro o vicino alla metà del secolo», come riporta la dicitura del testo.
Nel documento finale del G20, viene anche confermato il fondo per il clima da 100 miliardi di dollari all’anno, fino al 2025, per sostenere la transizione ecologica nei Paesi in via di sviluppo, sottolineando l’importanza di rispettare l’impegno già fissato.
Infine, è stato raggiunto un accordo anche sulla decarbonizzazione, prevista intorno alla metà del secolo, ma i Paesi del G20, entro l’anno, termineranno i finanziamenti alla costruzione di nuove centrali a carbone.
La lotta ai cambiamenti climatici è oggi universalmente riconosciuta come una delle sfide più impegnative e allo stesso tempo indispensabili per il nostro Pianeta.
Da diverso tempo ormai, gli esperti sollevano e rivolgono ai governi del mondo urgenti appelli in merito all’emergenza climatica, di cui tutti sono ben consapevoli.
Non ultimo, si segnala l’importante allarme lanciato ad agosto scorso dal Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc – Intergovernmental Panel on Climate Change) delle Nazioni Unite, con la diffusione del primo volume del VI Rapporto di Valutazione sui cambiamenti del clima a livello planetario, che verrà reso noto integralmente nel 2022.
L’ultimo rapporto sul clima dell’Ipcc – la più aggiornata e completa rassegna scientifica sui cambiamenti climatici, frutto del lavoro di 234 scienziati – contiene il più forte avvertimento sul riscaldamento globale diffuso finora; si tratta di un vero e proprio “codice rosso per l’umanità”, che non lascia più alcun dubbio sulla necessità di intensificare urgentemente gli sforzi e agire subito per evitare la catastrofe climatica.
L’appello lanciato alla luce dell’ultimo rapporto dell’Ipcc intitolato “Climate Change 2021: The Physical Science Basis” è chiaro e segnala che le decisioni non sono più prorogabili, poiché ogni ritardo avrà conseguenze catastrofiche: è terminato il tempo per indugiare, ora sono necessarie azioni immediate tempestive e radicali.
Il quadro che emerge dall’ultimo rapporto Onu, infatti, è drammatico e alquanto peggiore rispetto ai precedenti documenti dell’Ipcc. In sostanza, il rapporto rileva che la crisi climatica è “inequivocabilmente” causata dalle attività umane, riguarda ogni area della Terra e tutto il sistema climatico, con molti dei cambiamenti che stanno divenendo irreversibili.
Il fondamentale lavoro dell’Ipcc documenta preoccupanti record: nel 2019 le concentrazioni atmosferiche di CO2 sono state le più alte degli ultimi 2 milioni di anni e quelle degli altri principali gas serra (metano e biossido di azoto) le più elevate degli ultimi 800.000 anni; negli ultimi cinquant’anni, la temperatura della Terra è cresciuta a una velocità che non ha uguali negli ultimi 2.000 anni e l’aumento medio del livello del mare è salito ad una velocità senza precedenti negli ultimi 3.000 anni.
Il gruppo di 234 scienziati riuniti sotto l’egida Onu avverte, quindi, che i cambiamenti climatici sono senza precedenti ed evidenzia che, di questo passo, la temperatura media globale raggiungerà la soglia del +1.5°C entro il 2040. La soluzione risiede nell’azzeramento netto delle emissioni di gas serra entro il 2050, in assenza del quale contenere l’aumento delle temperature entro i +2°C diventerà un obiettivo fuori portata. Il richiamo, pertanto, è ancora una volta al drastico e immediato taglio dei gas serra e in particolare della CO2.
In questo senso, si comprende ancora di più l’importanza cruciale della Conferenza sul clima delle Nazioni Unite di quest’anno. Per scongiurare nuovi disastri ambientali, è necessario che i quasi 200 Paesi che partecipano alla Cop26 di Glasgow prendano decisioni drastiche.
Per vincere la lotta al cambiamento climatico, infatti, sono necessarie scelte coraggiose e decisive, occorre percorrere su larga scala la direzione della transizione ecologica, investire in energia rinnovabile, agricoltura biologica, trasporti pubblici e assumere ogni possibile sforzo per orientare diversamente le società.
La lotta ai cambiamenti climatici rappresenta una sfida cruciale. Si tratta di una responsabilità fondamentale da assumere per il futuro del nostro Pianeta, nonché nei confronti delle attuali e delle prossime generazioni.
Come sottolineato nell’appello lanciato dall’UNICEF: «La crisi climatica è una crisi dei diritti dei bambini», poiché afferma la direttrice esecutiva dell’UNICEF, Henrietta Fore: «Gli shock climatici e ambientali stanno minando l’intero spettro dei diritti dei bambini dall’accesso all’aria pulita, al cibo e all’acqua potabile; all’istruzione, all’alloggio, alla libertà dallo sfruttamento e persino al loro diritto alla sopravvivenza».
Secondo l’ultimo rapporto dell’UNICEF, intitolato “The Climate Crisis Is a Child Rights Crisis. Introducing the Children’s Climate Risk Index“, quasi ogni bambino del pianeta è a rischio per almeno uno dei pericoli legati alla crisi climatica e ambientale, come ondate di calore, cicloni, inquinamento atmosferico, inondazioni e carenza d’acqua. Inoltre, si stima che ben 850 milioni di bambini – pari a 1 su 3 a livello globale – vivano in aree colpite contemporaneamente da almeno quattro shock climatici e ambientali e 330 milioni – 1 su 7 in tutto il mondo – da almeno cinque grandi shock.
Circa un miliardo di bambini – quasi la metà dei 2,2 miliardi di bambini presenti in tutto il mondo – vive in uno dei 33 Paesi classificati come “a rischio estremamente elevato” per il clima. Questi bambini affrontano una combinazione letale di esposizione a molteplici shock climatici e ambientali insieme a un’elevata vulnerabilità dovuta a servizi essenziali inadeguati, quali acqua e servizi igienici, assistenza sanitaria e istruzione.
Il rapporto dell’UNICEF, poi, mette in luce l’esistenza di uno scostamento tra dove le emissioni di gas serra vengono generate e dove i bambini stanno subendo gli impatti più rilevanti legati alla crisi climatica, evidenziando che i 33 Paesi “a rischio estremamente elevato” sono responsabili complessivamente solo del 9% delle emissioni globali di CO2.
Alla luce di questo drammatico quadro, Henrietta Fore ha dichiarato che «La Cop26 deve essere la Cop per i bambini», proseguendo poi con queste parole: «Il cambiamento climatico è una delle più grandi minacce che questa generazione deve affrontare, con 1 miliardo di bambini a rischio altissimo. Eppure, mentre le prospettive sono terribili, i leader mondiali alla Cop26 hanno un’opportunità significativa e tempestiva per riorientare il terribile cammino che stiamo percorrendo. Possono farlo impegnandosi a rafforzare la resilienza dei servizi da cui dipendono i bambini, e tagliando le emissioni più velocemente e più a fondo. Il futuro di miliardi di bambini dipende da questo».
Rispondi