L’11 febbraio si celebra la Giornata Internazionale delle Donne e Ragazze nella Scienza, istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel dicembre del 2015 con la risoluzione A/RES/70/212.
Obiettivo della giornata è favorire il pieno e paritario accesso delle donne e delle ragazze alla scienza, in materia di istruzione, formazione, occupazione e processi decisionali, promuovere l’uguaglianza di genere in questo campo e raggiungere una piena parità di opportunità nella carriera scientifica, eliminando i pregiudizi e superando gli stereotipi che, ancora oggi, rendono le carriere femminili un percorso a ostacoli.
L’uguaglianza di genere, anche nelle scienze, è cruciale anche in vista del raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibili contenuti nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Infatti, uno dei traguardi prioritari fissati nell’Agenda 2030 – sottoscritta nel settembre 2015 – riguarda proprio la piena parità di genere: in particolare, l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile numero 5 si propone di «Raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze».
Tuttavia, si segnala che nel corso degli anni, in tutto il mondo, è persistito un significativo divario di genere a tutti i livelli delle discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche e ancora oggi, donne e ragazze continuano ad essere escluse dalla partecipazione a pieno titolo alla scienza.
Anche in Italia, come nel resto del mondo, il divario di genere nelle materie STEM (acronimo inglese che sta per Scienza, Tecnologia, Ingegneria, Matematica) è ancora molto presente e penalizza fortemente donne, ragazze e bambine.
Il divario di genere nelle discipline STEM è documentato anche dal report “STEM, una sfida per l’Italia” dell’Osservatorio #conibambini, a cura di Con i Bambini e Openpolis.
Secondo quanto emerso dal rapporto, in tutta l’Unione europea le donne restano ancora sottorappresentate nei percorsi educativi scientifici.
I dati contenuti nel rapporto rivelano, infatti, che a fronte di una media Ue di circa 21 laureati STEM ogni 1.000 giovani tra i 20 e i 29 anni, le laureate donne sono solo 14,9, mentre il dato relativo alla componente maschile è quasi doppio (27,9).
Si tratta di un divario che, seppur con qualche variazione, è presente in tutti gli Stati dell’Unione europea.
In Italia, il dato medio dei laureati (di entrambi i sessi) risulta inferiore rispetto alla media europea; nello specifico, nel 2019, si contano 16,4 laureati in discipline scientifiche ogni 1.000 giovani residenti tra i 20 e i 29 anni, ma con un evidente squilibrio: la quota delle laureate nelle materie STEM si attesta al 13,3, mentre tra i laureati di genere maschile sale a 19,4, con circa 6 punti di distacco.
Inoltre, nonostante in media le donne si laureino molto più degli uomini (la percentuale di laureate donne è stata del 58,7%, contro il 41,3% dei uomini), si evidenzia che tra i laureati in ingegneria e scienze nel 2019 oltre il 70% sono uomini, mentre le donne non raggiungono il 30%.
I dati relativi alla situazioni italiana, pertanto, non sono confortanti e mostrano una sistematica sottorappresentazione delle donne nei gruppi disciplinari afferenti alle materie STEM, con importanti conseguenze in termini di disparità di genere poiché le discipline STEM solitamente sono proprio quelle che offrono i percorsi di carriera più retribuiti e garantiscono maggiore stabilità lavorativa.
La minore presenza femminile nelle discipline scientifiche comporta così disparità salariali e un conseguente allargamento del divario di genere.
La sottorappresentazione delle studentesse nei percorsi STEM è spesso influenzata da aspettative o condizionamenti sociali e familiari, alle volte acquisiti inconsapevolmente ma molto radicati e diffusi, che agiscono fin dall’infanzia, provocando due conseguenze: la prima è che le ragazze, in media, tendono ad avere meno fiducia nelle proprie capacità in matematica, con ripercussioni sui rendimenti; la seconda è che anche le ragazze con alto rendimento in matematica e scienze hanno minori aspettative professionali e tendono a immaginarsi meno dei maschi nel ricoprire professioni come quelle di scienziato o ingegnere.
Una tendenza, quest’ultima, che in Italia appare particolarmente accentuata. Infatti, tra le studentesse italiane di 15 anni che hanno conseguito ottimi risultati in matematica e scienze, solo il 12,5% prevede un futuro lavorativo nelle discipline STEM, a fronte di un quota più che doppia tra maschi (26%), con una differenza di 13,6 punti percentuali.
Pregiudizi e stereotipi continuano, quindi, a pesare ancora tanto, limitando le scelte delle giovani studentesse: secondo i risultati dell’ultima ricerca svolta da Ipsos per Save the Children, sebbene le materie scientifiche e tecnologiche appassionino e incuriosiscano più della metà delle studentesse (il 54%), queste continuano ad essere percepite dalle ragazze come “poco adatte” a loro.
Tuttavia, occorre anche segnalare che nel 2021, in Italia le immatricolazioni universitarie hanno registrato un incremento delle donne iscritte alle facoltà STEM, attestandosi al 22% la quota di ragazze iscritte all’università che ha scelto un corso STEM. In particolare, sono cresciute le immatricolazioni ai corsi di informatica e tecnologie ICT, che hanno registrato un +15,74%.
Nonostante il dato incoraggiante appena citato, il quadro finora tracciato non fa che confermare il gap esistente tra uomini e donne nel campo scientifico, mostrando, ancora oggi, una significativa sottorappresentazione delle ragazze nelle materie STEM: un gap che nasce già nei primi anni di scuola, prosegue all’università e si riflette anche nel mondo del lavoro.
Di fronte a questo, allora, diviene necessario proseguire gli sforzi per invertire questa tendenza, incoraggiando e incentivando la partecipazione delle ragazze al mondo scientifico, aumentando la percentuale di studentesse nelle materie STEM e, al contempo, sfatando falsi miti e stereotipi di genere, ad oggi ancora ampiamente diffusi, che vedrebbero il genere femminile meno portato per le materie scientifiche.
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