Con la pandemia sono notevolmente aumentati i Neet (acronimo inglese di “Not in Education, Employment or Training”), ossia i giovani che contemporaneamente non sono inseriti in un percorso scolastico o formativo e non sono impegnati in un’attività lavorativa.
Secondo l’analisi contenuta nel rapporto trimestrale sull’occupazione pubblicato dall’esecutivo Ue, in Italia la quota di giovani compresi tra i 15 e i 24 anni che non studia né lavora ha raggiunto il 20,7% nel secondo trimestre del 2020. Si tratta di una situazione preoccupante che colpisce il nostro Paese più del resto d’Europa. Il dato record menzionato, infatti, pone l’Italia al primo posto nella classifica europea per il più alto numero di Neet presenti sul territorio. Seguono la Bulgaria (15,2%) e la Spagna (15,1%).
Inoltre, nel secondo trimestre del 2020, la percentuale di Neet in tutta l’Unione europea sarebbe aumentata dell’11,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Questi sono alcuni dei dati riportati in un approfondimento sul tema a cura dall’Osservatorio #conibambini.
Per comprendere il forte impatto che il fenomeno dei Neet ha all’interno del nostro Paese, l’analisi tracciata propone anche un confronto con gli altri stati membri dell’Unione europea, facendo riferimento agli ultimi dati di Eurostat su base annuale disponibili, relativi al 2019.
Da tale analisi emerge che nel 2019 l’Italia era il primo Paese europeo per numero di Neet sul totale della popolazione compresa tra i 15 e i 24 anni, con una percentuale del 18%, che superava di ben 8 punti percentuali il dato medio europeo. Chiaramente, questo quadro già estremamente allarmante è andato ulteriormente aggravandosi nell’ultimo periodo.
Seguivano poi la Romania (14,7%) e la Bulgaria (13,7%); mentre il paese Ue con il più basso tasso di Neet era l’Olanda con una percentuale esigua del 4,3%.
Il confronto a livello europeo aiuta a mettere a fuoco che in Italia la strada da percorrere per arginare il fenomeno dei Neet è ancora molto lunga.
Tuttavia, dal momento che il nostro Paese è caratterizzato da significative differenze interne, è importante approfondire l’analisi anche a livello locale, per comprendere il fenomeno nel dettaglio.
Dal confronto tra le regioni italiane– basato sempre sui dati di Eurostat relativi al 2019 –, è possibile osservare che il nostro Paese si presenta diviso a metà, con una maggior diffusione del fenomeno nelle zone del sud rispetto a quelle del nord.
Se, infatti, al nord la percentuale di Neet presenti è piuttosto contenuta, soprattutto in Veneto (11,1%) e nelle province autonome di Trento (9,8%) e Bolzano (8,7%); al sud il dato subisce un’impennata.
Tutte le regioni del mezzogiorno presentano una percentuale superiore alla media nazionale ed in particolare nelle 5 grandi regioni del sud (Sicilia, Sardegna, Calabria, Campania e Puglia) il tasso di Neet è superiore al 20%.
Nella classifica delle regioni italiane, la Sicilia occupa il primo posto, con una percentuale di giovani tra i 15 e i 24 anni che non studiano e non lavorano del 30,3%; al secondo posto si trova la Calabria con il 28,4% e al terzo posto la Campania con il 27,3%.
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