La pandemia ha aggravato le sfide educative, mettendo a rischio l’istruzione e minando di conseguenza il futuro delle nuove generazioni.
In un quarto dei paesi del mondo, l’educazione di centinaia di milioni di bambini rischia di collassare. Già prima della pandemia, a livello globale 258 milioni di bambini – un sesto della popolazione totale in età scolare – non avevano accesso all’istruzione. Oggi questo numero è purtroppo destinato ad aumentare: si stima che, a causa delle conseguenze economiche del Covid-19, altri 10-16 milioni di bambini rischiano di non tornare più a scuola, poiché costretti a lavorare o a contrarre matrimoni precoci.
A denunciarlo è Save the Children nel nuovo rapporto Build Forward Better sulla situazione educativa dei bambini e delle bambine nel mondo.
Tra le cause che mettono a rischio l’accesso all’istruzione e contribuiscono ad aggravare questa importante crisi educativa vi sono la crisi climatica, la carenza di vaccini contro il Covid-19, gli sfollamenti, così come gli attacchi alle scuole e la mancanza di connessione digitale.
In particolare, sono 48 i paesi nel mondo dove l’educazione è ad altissimo rischio. L’indice redatto da Save the Children mostra che i paesi con sistemi educativi a “rischio estremo” sono la Repubblica Democratica del Congo, Nigeria, Somalia, Afghanistan, Sud Sudan, Sudan, Mali e Libia, seguiti da Siria e Yemen in “alto rischio”.
Inoltre, secondo Save the Children, vista la quota sempre più consistente di bambini che non ha accesso a un’istruzione di buona qualità, si prevede, nel 2030, un importante aumento dell’analfabetismo a livello globale, con il 20% dei giovani tra i 14 e i 24 anni e il 30% degli adulti che non saranno in grado di leggere.
Bambine e ragazze sono maggiormente penalizzate: sono, infatti, 9 milioni le bambine che dovrebbero frequentare la scuola primaria ma che probabilmente non vi accederanno mai, contro 3 milioni di coetanei maschi.
A causa della pandemia in corso, poi, il numero di bambini il cui apprendimento è peggiorato potrebbe ulteriormente aumentare di 72 milioni.
Questo ingente rischio per l’educazione non risparmia neanche l’Italia, dove dopo circa un anno e mezzo di didattica a distanza (DAD), si registrano gravi ripercussioni sull’apprendimento.
La percentuale di studenti “in dispersione implicita” – ovvero coloro che non raggiungono livelli sufficienti sia in italiano che in matematica e in inglese al termine del percorso di istruzione – è aumentata di 2,5 punti, passando dal 7% al 9,5% su base nazionale, con un forti divari territoriali e una drammatica ricaduta sul Mezzogiorno.
Infatti, nel Nord solo il 2,6% dei ‘diplomandi’ è risultato in dispersione implicita, mentre al Centro l’8,8% e nel Mezzogiorno il 14,8%, ossia oltre 1 studente su 7.
A soffrire di più del calo di competenze, poi, sono proprio gli studenti più grandi, all’ultimo anno delle superiori, che sono anche quelli che hanno totalizzato il maggior numero di settimane in DAD.
Di fronte a questo preoccupante quadro, Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children Italia, afferma: “La scuola deve essere la priorità di questa ripartenza e l’istruzione non può più essere messa in secondo piano: i governi di tutti i Paesi devono mettere in campo tutti gli sforzi possibili per assicurare il ritorno a scuola in sicurezza di tutti i bambini e le bambine. La comunità internazionale deve fornire gli aiuti necessari ad adottare misure adeguate perché a tutti i bambini e le bambine siano garantite eque opportunità di apprendimento e di benessere”.
Il rapporto completo è disponibile sul sito di Save the Children al seguente link.
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