“Gang giovanili in Italia”: il rapporto di Transcrime, una mappatura del fenomeno e della sua presenza sul territorio nazionale

Negli ultimi anni, il tema delle gang giovanili sta assumendo particolare centralità nel dibattito pubblico italiano. Sempre più spesso, infatti, i media riportano azioni criminali o devianti compiute da gruppi di giovani o giovanissimi. A testimonianza dell’attenzione mediatica riservata al fenomeno, è esplicativo che in Italia da gennaio ad aprile 2022 sono stati pubblicati ben 1909 articoli contenenti riferimenti a “gang giovanili” o “baby gang” su giornali o agenzie stampa nazionali e locali; un numero che da solo supera il totale di articoli simili pubblicati in tutto il 2021 (1249) ed è più di due volte il numero complessivo di articoli del 2020 (741).

Tuttavia, nonostante il tema stia riscuotendo un’attenzione crescente, al momento si segnala la mancanza di una chiara definizione del fenomeno così come l’assenza di dati sistematici che permettano di monitorarlo.

Proprio in risposta – seppur parziale – a questo problema, è nato il rapporto “Le Gang Giovanili in Italia“, realizzato da Transcrime – il centro di ricerca interuniversitario sulla criminalità transnazionale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, dell’Alma Mater Studiorum Università di Bologna e dell’Università degli Studi di Perugia – in collaborazione con il Servizio Analisi Criminale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno e con il Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità del Ministero della Giustizia.

Con l’intento di colmare il vuoto di conoscenza sul tema delle gang giovanili in Italia, questo studio esplorativo rappresenta un primo tentativo di fornire una classificazione e una mappatura del fenomeno, mostrandone le diverse caratteristiche e la presenza sul territorio nazionale.

Secondo quanto riportato nel rapporto, quello delle gang giovanili pur essendo un fenomeno di cui si parla sempre di più, non rappresenta certamente un fenomeno nuovo. In tal senso, si legge nella prefazione: «le statistiche del Dipartimento Giustizia Minorile e di Comunità non rilevano, nelle serie storiche degli ultimi anni, consistenti differenze relative al numero dei reati commessi, né aumenti rispetto ai flussi di utenza dei ragazzi entrati negli IPM o presi in carico dagli USSM (fatta eccezione per il periodo della pandemia da Covid-19). Appaiono in realtà in crescita i reati commessi in gruppo». Come riferisce Gemma Tuccillo – Capo Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità, ciò che ha segnato un’evoluzione nell’ultimo decennio, rispetto ai reati commessi dagli adolescenti è, piuttosto, il carattere di crescente efferatezza, violenza ‘gratuita’ ed apparente ‘insensatezza’ di alcune condotte, riconducibili spesso a uno/due ragazzi o a gruppi agglomerati in maniera fortuita e contingente.

Tra i principali risultati del rapporto, è emerso poi che le gang giovanili sono attive nella maggior parte delle regioni italiane, con una leggera predominanza del Centro-Nord rispetto al Sud del Paese. Inoltre, si segnala che la loro presenza è in aumento in diverse aree del nostro Paese.

Le gang giovanili analizzate nello studio sono composte in media da meno di dieci individui, in prevalenza italiani, maschi e con un’età compresa tra i 15 e i 17 anni.

I dati raccolti hanno inoltre evidenziato situazioni di marginalità o disagio socioeconomico per molti dei componenti delle gang giovanili; tuttavia questa condizione non è sempre presente, soprattutto per alcuni gruppi a prevalenza italiana.

I crimini più frequentemente attribuiti alle gang giovanili sono reati violenti (quali risse, percosse e lesioni), atti di bullismo, disturbo della quiete pubblica e atti vandalici; mentre lo spaccio di stupefacenti o reati appropriativi risultano meno frequenti e solitamente sono commessi da gruppi più strutturati. Nella maggior parte dei casi, le vittime di questi gruppi sono i coetanei tra i 14 e i 18 anni d’età.

Tra i fattori che influenzano la nascita di questi gruppi e che spingono i giovani ad aderire a una gang giovanile sono particolarmente rilevanti: i rapporti problematici con le famiglie, con i pari o con il sistema scolastico; difficoltà relazionali o di inclusione nel tessuto sociale; un contesto di disagio sociale o economico. Anche l’utilizzo dei social network sembra esercitare un’influenza significativa, in quanto strumento per rafforzare le identità di gruppo e generare processi emulativi o di deresponsabilizzazione per le azioni criminali compiute.

Infine, l’analisi evidenzia che è possibile individuare almeno quattro tipi di gruppi con caratteristiche diverse e una differente distribuzione sul territorio:

  1. Gruppi privi di una struttura definita, prevalentemente dediti ad attività violente o devianti occasionali: sono presenti in tutte le macroaree del Paese, rappresentano la tipologia più diffusa sul territorio nazionale e numericamente più consistente; sono caratterizzati da legami deboli e una natura più fluida, non presentano una gerarchia chiara o un’organizzazione definita e spesso neanche dei fini criminali specifici.
  2. Gruppi che si ispirano o hanno legami con organizzazioni criminali italiane: sono presenti specialmente nel Sud del Paese e composti quasi totalmente da italiani; la loro nascita è spesso legata alla volontà di accrescere il proprio status criminale, con l’auspicio di entrare a far parte delle organizzazioni criminali.
  3. Gruppi che si ispirano a organizzazioni criminali o gang estere: sono presenti prevalentemente in aree urbane del Nord e Centro Italia e composti in prevalenza da stranieri di prima o seconda generazione; sono spesso caratterizzati dalla presenza di simboli identificativi, da un’organizzazione strutturata o semi-strutturata e da una continuità operativa nel tempo.
  4. Gruppi con una struttura definita ma senza riferimenti ad altre organizzazioni e dediti ad attività criminali specifiche: sono presenti in tutte le macroaree del Paese e composti in prevalenza da italiani; sono particolarmente attivi in reati appropriativi, come furti o rapine, ma anche in reati violenti.

Il rapporto completo è disponibile sul sito di Transcrime, nella sezione “Pubblicazioni

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