La spesa in istruzione in Italia e nel resto dell’Ue e le sfide fissate in sede europea dopo la pandemia

La qualità dell’istruzione pubblica rappresenta un elemento fondamentale per le prospettive di un Paese, in quanto ci troviamo di fronte ad un mondo del lavoro che richiede competenze sempre più avanzate, nonché per rimuovere le disuguaglianze esistenti e rimettere in moto l’ascensore sociale, soprattutto per un contesto come l’Italia che, in confronto al resto dell’Ue, possiede una mobilità sociale molto ridotta. Questi temi nella fase di ripresa dall’emergenza Covid-19, poi, sono divenuti ancora più centrali.

Un approfondimento dedicato al tema della spesa in istruzione, elaborato da Con i Bambini e Openpolis, propone un focus sugli obiettivi fissati in sede europea per il prossimo decennio.

Da alcuni anni, infatti, le istituzioni europee hanno progressivamente tracciato la strada che l’Europa dovrà percorrere in materia di istruzione. Ne è un esempio l’Agenda 2020, adottata nel 2010, contenente alcuni obiettivi relativi anche al tema dell’istruzione, tra cui la riduzione del tasso di abbandono scolastico sotto la soglia del 10%, da raggiungere entro il 2020.

Riguardo a questo, l’Unione europea nel 2020 ha conseguito il target stabilito, attestandosi al 9,9% e anche l’Italia, nonostante resti ancora lontana dalla media europea, ha raggiunto il suo obiettivo nazionale e ridotto la quota di abbandoni precoci, passando dal 17,8% del 2011 al 13,1% del 2020 (con un calo di 4,7 punti percentuali).

Soprattutto con l’emergenza del Covid-19, l’istruzione è stata assunta all’interno del dibattito pubblico come un elemento sempre più centrale della ripresa. In quest’ottica, si colloca la Risoluzione del Consiglio europeo del 26 febbraio 2021 dedicata a istruzione e e formazione, nella quale si ribadisce tra le priorità da perseguire nel corso del prossimo decennio l’importanza di migliorare l’equità, l’inclusione e la qualità nell’istruzione e nella formazione, obiettivo che a seguito della pandemia è divenuto ancora più essenziale.

In particolare, sono sette i target sull’istruzione e formazione indicati a livello Ue per sostenere tale sfida, tra cui ad esempio entro il 2030 si menzionano: la riduzione sotto il 15% della quota di quindicenni con scarsi risultati in lettura, matematica e scienze; l’aumento delle competenze digitali, con un tasso di studenti all’ottavo anno della scuola dell’obbligo con scarsi risultati in termini di alfabetizzazione informatica inferiore al 15%; l’estensione della partecipazione all’istruzione prescolare, coinvolgendo almeno il 96% dei bambini compresi tra i 3 anni e l’età di inizio dell’istruzione primaria obbligatoria; l’innalzamento al 45% di giovani tra i 25 e i 34 anni d’età che hanno completato l’istruzione terziaria; una ulteriore riduzione al 9% dell’abbandono precoce dell’istruzione e della formazione. Sono fissati, inoltre, al 2025 una serie di altri target riguardanti la formazione per i giovani e l’apprendimento degli adulti.

Si tratta di priorità sfidanti, che chiamano in causa la capacità di reazione sia del sistema educativo che dell’intera comunità educante; aspetti per cui è importante avere anche una panoramica della dotazione di risorse a livello europeo e nazionale.

L’analisi tracciata da Con i Bambini e Openpolis prosegue così offrendo un confronto tra gli stati Ue rispetto al livello di spesa destinata al settore dell’istruzione prima dell’emergenza, basandosi sui dati Eurostat relativi al 2019.

Dall’analisi emerge che complessivamente, nel 2019, i Paesi Ue hanno destinato un totale di 654 miliardi di euro al comparto dell’istruzione, ossia circa il 4,7% del prodotto interno lordo Ue di quell’anno, seppur con una forte variabilità tra i diversi stati membri. Infatti, mentre Paesi come la Svezia (6,9%), la Danimarca (6,3%) e il Belgio (6,2%) hanno superato il 6% del Pil; sei stati dell’Ue si sono attestati al massimo sul 4%: in particolare, la Grecia e la Spagna (4%), la Bulgaria e l’Italia (3,9%), la Romania (3,6%) e l’Irlanda (3,1%).

In base ai dati Eurostat, pertanto, si rileva che nel 2019 l’Italia ha speso in educazione solo il 3,9% del Pil, contro una media UE pari al 4,7%, e figura tra i Paesi dell’Ue con la più bassa percentuale di spesa pubblica in educazione rispetto al proprio Pil.

Non si tratta però di una novità per il nostro Paese, poiché è dal 2011 che l’Italia, nella classifica europea, si colloca stabilmente tra gli ultimi posti su questo tema.

In Italia, infatti, a seguito della crisi economica iniziata nel 2008, si è verificata una sensibile contrazione della percentuale di spesa pubblica dedicata all’istruzione: precisamente, la percentuale di spesa in educazione rispetto al Pil è passata dal 4,5% del 2009 al 3,9% del 2019. Si tratta di dati che evidenziano come il nostro Paese spenda nell’istruzione meno degli altri maggiori stati europei.

Una tendenza rilevata anche in altri Paesi, ma che, sul lungo periodo, ha contribuito ad allontanare il nostro Paese dai maggiori stati dell’Ue, quali ad esempio Germania e Francia.

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