Il 7 febbraio ricorre la Giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo, istituita nel 2017 su iniziativa del Miur. Si tratta di un’occasione per riflettere su un fenomeno ancora ampiamente diffuso, nonché sugli strumenti utili ad ostacolare il continuo verificarsi di questi episodi.
Il bullismo può essere definito come la messa in atto di un comportamento aggressivo, intenzionale e reiterato nel tempo, volto alla prevaricazione, che mira deliberatamente a nuocere o danneggiare una o più persone, con cui sussiste uno squilibrio di potere.
Affinché un atto di bullismo possa definirsi tale, sono necessari tre criteri distintivi ben precisi:
- l’intenzionalità: chi mette in atto il comportamento deve avere la volontà premeditata di colpire la vittima, di danneggiarla o offenderla;
- la ripetitività e continuità temporale: non deve trattarsi di un singolo ed isolato episodio, al contrario il comportamento deve perdurare nel tempo, quindi esser esercitato in maniera continuativa per un periodo di tempo sensibile;
- l’asimmetria nella relazione: è necessario che vi sia un rapporto sbilanciato tra l’aggressore e la parte offesa a sfavore di quest’ultima, che può esser legato all’età, alla fisicità, al carattere o alla numerosità.
Il bullismo, inoltre, può essere di tipo fisico, verbale o psicologico e può manifestarsi attraverso due diverse modalità:
- una forma diretta: si esplica in attacchi espliciti e diretti nei confronti della vittima, che possono essere di tipo fisico (come picchiare, colpire con calci, sputare) e/o verbale (quali insulti, offese, minacce).
- una forma indiretta: concerne l’intenzionale esclusione dal gruppo, l’isolamento sociale, la diffamazione, la diffusione di calunnie, pettegolezzi o storie offensive finalizzate a danneggiare la reputazione altrui.
Quando la manifestazione di questo fenomeno avviene in rete, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione virtuale, si parla di cyberbullismo.
Secondo la definizione precisa tracciata all’interno della Legge 71/2017, con il termine “cyberbullismo” si intende «qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali realizzati, per via telematica, a danno di minori, nonché la diffusione di contenuti on line riguardanti uno o più componenti della famiglia di un minore con lo scopo di isolarlo, attaccarlo o metterlo in ridicolo» (art. 1, comma 2, Legge 71/2017).
Il cyberbullismo è, quindi, una forma di prepotenza virtuale; si tratta di un fenomeno relativamente recente e in forte crescita, che spesso ha gravi implicazioni per i ragazzi che lo subiscono: questa forma agita in una dimensione virtuale moltiplica i danni di un singolo atto di bullismo, dal momento che anche un’unica offesa può essere veicolata e riprodotta tantissime volte, aumentando a dismisura il numero di destinatari e, quindi, l’ampiezza dell’offesa ricevuta, oltre ad accrescere conseguentemente l’impatto psicologico per la vittima.
Sul tema, è intervenuta la Legge n. 71 del 2017 (“Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”), la quale consente ai minori ultraquattordicenni o ai loro genitori di richiedere al gestore del sito web o del social media l’eliminazione, l’oscuramento o il blocco di contenuti offensivi che ritengono essere atti di cyberbullismo, prevedendo altresì la possibilità rivolgersi direttamente al Garante per la protezione dei dati personali, nel caso in cui la richiesta non fosse soddisfatta entro 24 ore e i contenuti lesivi non venissero cancellati.
Il bullismo, in tutte le diverse forme in cui si manifesta, rappresenta una grave piaga per il sano sviluppo dei ragazzi, che ha tra i suoi effetti quello di isolare chi ne è preso di mira, ridicolizzarlo ed emarginarlo, minandone il benessere psicologico, la qualità della vita, la costruzione di relazioni sociali e il percorso educativo. Le persone vittime di questi episodi vivono un drammatico senso di impotenza e una situazione di profonda angoscia, che le porta a chiudersi in loro stesse e ad isolarsi da ogni contesto sociale. A livello psicologico, le continue e ripetute vessazioni inducono nelle vittime uno stato di forte malessere, tra cui possono provocare: stress, problemi relazionali, difficoltà nello studio, insicurezza, calo dell’autostima, somatizzazione fisica, desiderio di abbandonare la scuola, disagi emotivi, disturbi del sonno, episodi depressivi, attacchi d’ansia, fino, nei casi più gravi, a sfociare in tentativi di suicidio.
Il bullismo rappresenta un fenomeno tanto grave quanto difficile da monitorare, poiché, oltre ad essere spesso accompagnato da sentimenti di omertà, tende anche a generare nelle vittime un senso di vergogna che le induce a nascondere, anziché a segnalare e denunciare l’accaduto.
In merito alle dimensioni del fenomeno, secondo un’indagine Istat, più della metà dei ragazzi tra gli 11 e i 17 anni che vivono in Italia è stata vittima di bullismo almeno una volta nella vita. In generale, gli episodi di bullismo risultano più frequenti tra le ragazze (il 9,9% riporta di esser stata vittima di un episodio di bullismo almeno una volta a settimana, contro l’8,5% dei maschi) e nella fascia d’età compresa tra gli 11-13 anni (l’11,3% riferisce di essere stato preso di mira una o più volte a settimana, contro il 7,6% dei 14-17enni). Inoltre, il bullismo risulta più diffuso nel nord del Paese ed è subìto più spesso da chi vive in zone con maggiore disagio, nonché dagli studenti stranieri rispetto agli italiani.
Infine, per quanto riguarda il cyberbullismo, i dati rivelano che il 22,2% delle vittime di bullismo è stato oggetto di azioni di cyberbullismo. Anche in questo caso, il fenomeno si conferma più frequente soprattutto tra le ragazze (il 7,1% lo ha subìto almeno una volta al mese contro il 4,6% dei coetanei maschi), tra i preadolescenti nella fascia d’età 11-13 anni (il 6,9% contro il 5,2% nella fascia 14-17 anni) e nel nord d’Italia (il 6,5% contro il 5,8% nel Mezzogiorno).
La strategia migliore per combattere il bullismo è proprio la prevenzione, promuovendo una cultura che impedisca e scoraggi dal principio la messa in atto di comportamenti basati sulla prevaricazione. Per questo, allora, è fondamentale un impegno da parte di tutti (docenti, genitori, educatori, adulti di riferimento) per educare i ragazzi, fin da piccoli, alla prosocialità, all’empatia, alla condivisione, alla giustizia, alla comprensione della diversità come risorsa, all’accoglienza, costruendo e promuovendo una cultura fondata sul rispetto reciproco, sulla solidarietà, sulla cooperazione e contraria alla prevaricazione e all’utilizzo della violenza.
In particolare, per arginare il fenomeno del bullismo e del cyberbullismo, la scuola e la famiglia rappresentano risorse fondamentali.
La scuola, in quanto luogo di crescita non soltanto cognitiva ma anche personale, culturale, emotiva dei ragazzi, ha il compito e la responsabilità di farsi portavoce di alcuni valori chiave per prevenire il bullismo. Inoltre, dal momento che rappresenta il contesto dove più di frequente si assiste alla manifestazione di episodi di bullismo, è proprio all’interno della scuola che questi comportamenti devono essere prontamente individuati, accuratamente gestiti e arginati nel momento stesso in cui affiorano, esercitandosi a mantenere occhi attenti e vigili sui ragazzi e sul loro modo di interagire e offrendo loro, al tempo stesso, un sistema educativo basato sul rispetto reciproco e volto alla trasmissione e alla promozione di comportamenti prosociali.
Per combattere il bullismo è indispensabile parlarne a scuola, attivando un lavoro di sensibilizzazione sul tema, aiutando i ragazzi ad acquisire una maggior consapevolezza del fenomeno e predisponendo in classe momenti di confronto e discussione sull’argomento, non limitando però l’attenzione e l’intervento unicamente alla vittima e al bullo, ma al contrario coinvolgendo attivamente l’intero gruppo classe.
Anche la famiglia rappresenta una componente altrettanto importante per prevenire il fenomeno del bullismo, educando e orientano i giovani alla non violenza, all’attenzione verso il prossimo e stimolando le loro capacità empatiche, comunicative e di confronto costruttivo. Allo stesso tempo, è fondamentale che, oltre agli insegnanti, anche i genitori svolgano un ruolo attivo, di ascolto e osservazione dei ragazzi, per riuscire ad intercettare tempestivamente l’emersione di questi fenomeni, prestando particolare attenzione ad eventuali segnali di disagio o malessere manifestati dai propri figli.
Quando si verificano episodi di bullismo, è fondamentale che i ragazzi sentano di poter chiedere aiuto; così come, una volta venuto alla luce il problema, è essenziale che i genitori ne parlino con gli altri educatori ed insegnanti, in modo che anche loro possano intervenire prontamente, monitorando e aiutando a risolvere la situazione. È importante, infatti, mettere in atto un intervento condiviso tra genitori e insegnanti e l’instaurarsi di una collaborazione tra scuola e famiglia.









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