Bullismo e cyberbullismo: definizione del fenomeno, caratteristiche, criteri distintivi e dimensioni quantitative

Negli ultimi anni, il tema del bullismo sta acquisendo sempre più visibilità sia dentro che fuori dalle scuole.

Il termine bullismo è la traduzione letterale della parola inglese bullying, comunemente utilizzata per designare il fenomeno delle prepotenze tra pari.

Il bullismo può essere definito come la messa in atto di un comportamento aggressivo, intenzionale e reiterato nel tempo, volto alla prevaricazione, che mira deliberatamente a nuocere o danneggiare una o più persone, con cui sussiste uno squilibrio di potere.

Affinché un atto di bullismo possa definirsi tale, sono necessari tre criteri distintivi ben precisi:

  • l’intenzionalità: chi mette in atto il comportamento deve avere la volontà premeditata di colpire la vittima, di danneggiarla o offenderla;
  • la ripetitività e continuità temporale: non deve trattarsi di un singolo ed isolato episodio, al contrario il comportamento deve perdurare nel tempo, quindi esser esercitato in maniera continuativa per un periodo di tempo sensibile (settimane, mesi);
  • l’asimmetria nella relazione: è necessario che vi sia un evidente squilibrio di forze tra l’aggressore e la parte offesa, un rapporto sbilanciato a sfavore di quest’ultima che può esser legato all’età, alla fisicità, al carattere o alla numerosità, il quale pone la vittima di fronte ad una sensazione di impotenza.

Il bullismo, inoltre, può essere di tipo fisico, verbale o psicologico e può manifestarsi attraverso due diverse modalità:

  • una forma diretta: si esplica in attacchi espliciti e diretti nei confronti della vittima, che possono essere di tipo fisico (come picchiare, colpire con calci, sputare) e/o verbale (quali insulti, offese, minacce).
  • una forma indiretta: concerne l’intenzionale esclusione dal gruppo, l’isolamento sociale, la diffamazione, la diffusione di calunnie, pettegolezzi o storie offensive finalizzate a danneggiare la reputazione altrui.

Quando la manifestazione di questo fenomeno avviene in rete, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione virtuale, si parla di cyberbullismo.

Secondo la definizione precisa tracciata all’interno della Legge 71/2017, con il termine “cyberbullismo” si intende «qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali realizzati, per via telematica, a danno di minori, nonché la diffusione di contenuti on line riguardanti uno o più componenti della famiglia di un minore con lo scopo di isolarlo, attaccarlo o metterlo in ridicolo» (art. 1, comma 2, Legge 71/2017).

Il cyberbullismo, quindi, è una forma di prepotenza virtuale e identifica un insieme di azioni aggressive e intenzionali, attuate da una singola persona o da un gruppo, mediante l’uso di strumenti elettronici (sms, mms, foto, video, email, chat rooms, istant messaging, siti web, telefonate), il cui scopo è quello di provocare danni ad un coetaneo incapace di difendersi.

Si tratta di un fenomeno relativamente recente e in forte aumento, che spesso ha gravi implicazioni per i ragazzi che lo subiscono ed è fonte di forte disagio e sofferenza.

Sul tema, è intervenuta la Legge n. 71 del 2017 (“Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”), la quale consente ai minori ultraquattordicenni o ai loro genitori di richiedere al gestore del sito web o del social media l’eliminazione, l’oscuramento o il blocco di contenuti offensivi che ritengono essere atti di cyberbullismo (come foto e video imbarazzanti o offensivi, nonché pagine web o post sui social network in cui si ricevono minacce, offese e insulti), prevedendo altresì la possibilità rivolgersi direttamente al Garante per la protezione dei dati personali, nel caso in cui la richiesta non fosse soddisfatta entro 24 ore e i contenuti lesivi non venissero cancellati.

Il fenomeno del cyberbullismo risulta essere particolarmente pervasivo tra le giovani generazioni a causa dell’elevata e inarrestabile diffusione delle nuove tecnologie. Tuttavia, occorre sottolineare che questa forma agita in una dimensione virtuale moltiplica i danni di un singolo atto di bullismo, dal momento che anche un’unica offesa può essere veicolata e riprodotta tantissime volte, aumentando a dismisura il numero di destinatari e, quindi, l’ampiezza dell’offesa ricevuta, oltre ad accrescere conseguentemente l’impatto psicologico per la vittima.

Inoltre, la maggiore possibilità di garantirsi un anonimato così come la mancanza di confronto diretto, faccia a faccia, con la vittima tende a deresponsabilizzare chi compie il gesto, favorendo l’attivazione di meccanismi di “minimizzazione” e di “disimpegno morale”.

Il bullismo, in tutte le diverse forme in cui si manifesta, rappresenta una grave piaga per il sano sviluppo dei ragazzi e le loro possibilità inclusive, che ha tra i suoi effetti quello di isolare chi ne è preso di mira, ridicolizzarlo ed emarginarlo, minandone il benessere psicologico, la qualità della vita, la costruzione di relazioni sociali e il percorso educativo.

Si tratta di un fenomeno tanto grave quanto difficile da monitorare, poiché, oltre ad essere spesso accompagnato da sentimenti di omertà, tende anche a generare nelle vittime un senso di vergogna che le induce a nascondere, anziché a segnalare e denunciare l’accaduto.

In merito alle dimensioni del fenomeno, secondo un’elaborazione effettuata dall’Osservatorio #conibambini, a cura di Con i Bambini e Openpolis[1], sulla base di un’indagine Istat, più della metà dei ragazzi tra gli 11 e i 17 anni che vivono in Italia è stata vittima di bullismo almeno una volta nella vita. Inoltre, nel nostro Paese 2 adolescenti su 10 hanno subìto comportamenti offensivi o violenti almeno una volta al mese o più.

In base ai dati Istat del 2014, emerge che il trattamento più frequente risiede nelle offese personali, attraverso soprannomi denigratori, parolacce o insulti; comportamento subìto almeno una volta al mese da circa il 12% degli adolescenti, con una prevalenza del genere maschile (il 12,5% contro l’11,8% delle femmine).

In secondo luogo, il 6,3% degli 11-17enni riferisce di essere stato preso in giro per l’aspetto fisico o per il modo di parlare una o più volte al mese. In questo caso sono le ragazze ad essere più frequentemente colpite (il 7,1% contro il 5,6% dei maschi), così come sono sempre loro ad essere maggiormente prese di mira da chi racconta storie o sparla sul proprio conto (6,4%) e ad essere emarginate per le proprie opinioni (5,4%).

Tra i maschi, invece, il bullismo si manifesta più spesso attraverso la violenza fisica: il 5,3% dichiara di essere stato colpito con spintoni, botte, calci e pugni almeno una volta al mese.

In generale, gli episodi di bullismo risultano più frequenti tra le ragazze (il 9,9% riporta di esser stata vittima di un episodio di bullismo almeno una volta a settimana, contro l’8,5% dei maschi) e nella fascia d’età compresa tra gli 11-13 anni, periodo che coincide con la frequenza delle scuole medie (l’11,3% riferisce di essere stato preso di mira una o più volte a settimana, contro il 7,6% dei 14-17enni).

Anche a livello geografico si evidenzia una differenza: il bullismo risulta più diffuso nel nord del Paese e in particolare nelle grandi città, ed è subìto più spesso da chi vive in zone con maggiore disagio.

Secondo i dati Istat del 2014, nel nord Italia l’11,4% dei ragazzi riporta di aver ricevuto atti di bullismo almeno una volta a settimana, mentre nel Mezzogiorno il 7,5%. A riferirlo anche il 10,5% dei ragazzi che vivono in zone molto disagiate, contro l’8% di chi risiede in una zona con poco o nessun disagio.

Il bullismo, quindi, colpendo più spesso chi è meno incluso contribuisce a creare emarginazione sociale anziché inclusione.

A conferma di ciò, si evidenzia anche che, rispetto agli italiani, gli studenti stranieri sono più spesso vittime di comportamenti offensivi o violenti da parte dei coetanei (tra gli stranieri avviene il 16-17% in più).

Infine, per quanto riguarda il cyberbullismo, i dati rivelano che il 22,2% delle vittime di bullismo è stato oggetto di azioni di cyberbullismo. Anche in questo caso, il fenomeno si conferma più frequente soprattutto tra le ragazze (il 7,1% lo ha subìto almeno una volta al mese contro il 4,6% dei coetanei maschi), tra i preadolescenti nella fascia d’età 11-13 anni (il 6,9% contro il 5,2% nella fascia 14-17 anni) e nel nord d’Italia (il 6,5% contro il 5,8% nel Mezzogiorno).


[1] L’elaborazione dell’Osservatorio #conibambini, a cura di Con i Bambini e Openpolis, è contenuta nel rapporto “Giovani a rischio”.

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