Le conseguenze della pandemia su bambini e adolescenti italiani, ben oltre la dimensione sanitaria, iniziano a delinearsi in maniera sempre più nitida e chiara. Nella percezione di 2 italiani su 3, negli ultimi due anni a seguito dell’emergenza da Covid-19, le disuguaglianze tra i minori in Italia sono aumentate, amplificando le fragilità dei più piccoli ed rendendo più evidenti i limiti del ruolo della scuola nella crescita delle nuove generazioni.
È quanto emerge dall’indagine “Gli italiani e la povertà educativa minorile – Ascoltiamo le comunità educanti”, realizzata dall’Istituto Demopolis e promossa dall’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile.
La ricerca esplora l’impatto del Covid su bambini e ragazzi, focalizzando i bisogni individuali e collettivi in tema di infanzia e adolescenza affiorati dopo l’emergenza Coronavirus, l’onda lunga della crisi pandemica sui più giovani, le percezioni dell’opinione pubblica sul tema della povertà educativa.
Secondo i risultati del sondaggio, sono numerosi i problemi che gravano sui minori e che sono stati ancora più accentuati dalla pandemia: tra i principali, il 78% degli italiani cita innanzitutto la dipendenza da smartphone e tablet; segue la regressione degli apprendimenti e del metodo di studio (segnalata dal 66%), la perdita della socialità spontanea tra bambini e ragazzi (65%) e l’esclusione dei soggetti più fragili (55%). La maggioranza assoluta degli intervistati indica poi anche l’incremento della povertà materiale in molte famiglie (53%), nonché la tendenza all’isolamento e all’abbandono della vita sociale sviluppata dai minori (51%).
La scuola sembra aver perso posizioni nel corso degli ultimi due anni di pandemia: un italiano su due ritiene che la scuola non abbia adeguatamente garantito parità di accesso (lezioni, contatti con gli insegnanti, apprendimento) a tutti gli studenti con la DAD. Non solo: per il 55% degli intervistati è peggiorata nell’organizzazione scolastica e per il 48% nel rapporto tra i ragazzi.
Tuttavia, al di là della pandemia, emerge molto scetticismo in merito al fatto che nel nostro Paese la scuola garantisca oggi eque opportunità per tutti: appena l’8% degli italiani ne è convinto, al contrario il 25% lo nega ritenendo che l’uguaglianza non sia affatto garantita, mentre il 64% degli italiani crede che le opportunità dell’istruzione non siano oggi garantite equamente per tutti se non con livelli di qualità differenti e forti divari anche all’interno degli stessi contesti regionali ed urbani.
In seguito al difficile periodo dettato dall’emergenza sanitaria, inoltre, cresce la consapevolezza che la responsabilità della crescita dei minori sia di tutta la comunità e non solo della scuola, convinzione condivisa oggi da quasi 8 italiani su 10 (il 78%). Nel corso del tempo, tale consapevolezza è andata progressivamente rafforzandosi nell’opinione pubblica, basti pensare che nel novembre 2019, la convinzione di una responsabilità collettiva della crescita dei minori interessava solo il 46% degli italiani, già a novembre 2020 il dato era aumentato al 67%, mentre oggi ne è convinto ben il 78% degli italiani, registrando una crescita del 32% rispetto a novembre 2019 e del 12% rispetto a novembre 2020.
Anche alla luce dell’esperienza vissuta durante i mesi più duri della pandemia e dei danni registrati sull’equilibrio dei minori, i genitori intervistati offrono interessanti indicazioni su che cosa non dovrà mai più mancare in futuro a bambini e ragazzi. Per 8 genitori su 10 (il 79%) in futuro non dovrà mai più mancare la continuità scolastica, ma anche la socialità e la possibilità di interazione tra coetanei (per il 69%), le attività sportive e ludiche (per il 63%). Solo il 29%, invece, ritiene fondamentali i dispositivi elettronici e una buona connessione ad internet.
Un tema che merita assoluta attenzione riguarda, poi, la povertà educativa minorile, diventata una vera e proprio emergenza soprattutto a fronte del grave impatto della pandemia e delle sue ripercussioni che si sono avvertite nell’ambito dell’istruzione.
Dall’indagine di Demopolis, emerge che dopo la dura prova del Covid-19, tra i cittadini è maturata una maggiore consapevolezza del fenomeno della povertà educativa minorile e, in particolare, dell’importanza del tema. Secondo i risultati del sondaggio, 6 italiani su 10 ne hanno sentito parlare, con un dato cresciuto di 17 punti nell’ultimo biennio e il 90% degli italiani considera la diffusione della povertà educativa un fenomeno grave. Insieme a questo, migliora anche la consapevolezza di che cosa sia e, quindi, la conoscenza del fenomeno, con il 76% degli intervistati che identifica la povertà educativa con la mancanza di accesso ad opportunità di crescita e il 61% con bassi livelli di apprendimento.
Inoltre, proprio a seguito del periodo di emergenza, che ha amplificato le fragilità e la sofferenza sociale, il 57% degli italiani dichiara che l’azione di contrasto alla povertà educativa minorile è oggi, rispetto a due anni fa, ancora più importante.
Secondo i due terzi degli italiani, a pagare il prezzo degli effetti a lungo termine della pandemia saranno proprio i più piccoli. Il costo evolutivo imposto ai minori dal Covid-19 rischia, infatti, di essere molto alto e proprio per questo occorre restituire centralità e un forte impegno istituzionale ai minori, alla scuola, alla comunità che deve garantirne lo sviluppo.
Di fronte alle grandi potenzialità connesse allo sviluppo del PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, gli italiani intervistati indicano priorità d’investimento che mirino proprio a contrastare la povertà educativa minorile, abbattendo le fragilità e le disuguaglianze acuite dalla pandemia.
In particolare, per quanto riguarda il PNRR, la maggioranza degli italiani investirebbe sulla sicurezza e sulla funzionalità delle strutture scolastiche (il 66%), su asili nido e scuole per l’infanzia soprattutto nelle aree svantaggiate (il 65%), ma anche sull’implementazione del tempo pieno e delle attività extrascolastiche nelle realtà maggiormente colpite da povertà materiale ed educativa (il 64%).
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