Ogni anno, il 28 aprile si celebra la Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro. La ricorrenza, giunta quest’anno alla sua ventesima edizione, è stata istituita nel 2003 dall’ILO – Organizzazione Internazionale del Lavoro, con l’obiettivo di focalizzare l’attenzione sull’importanza di promuovere una cultura della prevenzione, della sicurezza e della salute sui luoghi di lavoro.
In occasione della Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro, l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza Carla Garlatti ha dichiarato: “Garantire la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro rappresenta una questione fondamentale, che diventa tanto più imprescindibile quando a lavorare sono persone di minore età. I lavoratori minori di 18 anni infatti hanno diritto a esser formati non solo per il mestiere che stanno svolgendo: hanno diritto a ricevere educazione e formazione adeguate, anche sulle norme e sugli strumenti posti a tutela della loro sicurezza”.
Come evidenziato da Save the Children nell’indagine nazionale sul lavoro minorile in Italia dal titolo “Non è un gioco”, il lavoro minorile rappresenta un fenomeno ampiamente diffuso in Italia. In particolare, secondo quanto riportato nello studio, si stima siano 336 mila i minorenni tra i 7 e i 15 anni che hanno avuto esperienze di lavoro prima dell’età legale consentita: si tratta di quasi 1 minore su 15, pari al 6,8% della popolazione di riferimento. Inoltre, tra i 14-15enni che affermano di svolgere o di aver svolto un’attività lavorativa, ben il 27,8% (circa 58mila adolescenti), è stato coinvolto in lavori particolarmente dannosi per i percorsi educativi e per il benessere psicofisico, poiché svolti in maniera continuativa durante il periodo scolastico, in orari notturni o perché percepiti dagli stessi come pericolosi.
La Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989 stabilisce che il minorenne che lavora non deve correre rischi o vedere pregiudicati la sua salute e il suo sviluppo, né tantomeno deve essere posta a repentaglio la sua educazione.[1]
Nel porre in risalto quest’ultimo aspetto, Carla Garlatti sottolinea: “Quando a lavorare è un minorenne non solo è importante verificare che siano pienamente rispettate le norme sulla sicurezza ma anche che le attività lavorative svolte siano in grado di accompagnarne lo sviluppo. L’attività lavorativa, in forza della normativa vigente, deve mantenere una dimensione prevalentemente formativa e deve assicurare che venga soddisfatto in concreto il bisogno di apprendimento dei ragazzi: ciò anche per scongiurare il rischio che si possa considerare come ‘formazione’ il solo fatto di lavorare. Va infine accertato che al termine del percorso formativo sia prevista una reale verifica delle competenze acquisite per riscontrare che l’apprendimento sia stato effettivo”.
Sul tema del lavoro minorile regolare in Italia, si segnala infine che l’Autorità garante sta attualmente portando avanti un’indagine incentrata sulla sicurezza e sulla formazione dei minorenni sul luogo di lavoro. La ricerca è realizzata in collaborazione con l’Istituto psicoanalitico per le ricerche sociali (Iprs) di Roma e il Censis, nell’ambito del progetto FaSe (FormAzione sicura in età adolescenziale).
[1] L’art. 32 recita: “Gli Stati parti riconoscono il diritto del fanciullo di essere protetto contro lo sfruttamento economico e di non essere costretto ad alcun lavoro che comporti rischi o sia suscettibile di porre a repentaglio la sua educazione o di nuocere alla sua salute o al suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale”
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