Il 7 febbraio si celebra la Giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo, istituita nel 2017 su iniziativa del MIUR. Un’occasione per aumentare la consapevolezza su un fenomeno ancora troppo diffuso e sugli strumenti per evitare che questi episodi continuino a verificarsi.
Il bullismo si configura come un comportamento intenzionale e aggressivo, di prevaricazione e sopraffazione, esercitato in maniera continuativa e persistente nel tempo, che mira deliberatamente a nuocere o danneggiare una o più persone, con le quali vi è uno squilibrio di potere.
Per definirsi tale, devono sussistere tre condizioni necessarie: l’intenzionalità; la ripetitività e continuità temporale; l’asimmetria di potere tra i soggetti coinvolti.[1]
Quando questo fenomeno si manifesta in rete e viene agito attraverso i nuovi mezzi di comunicazione virtuale, si parla di cyberbullismo. A quest’ultimo è dedicato il Safer Internet Day (SID), la Giornata mondiale per la sicurezza in Rete, indetta e promossa dalla Commissione Europea, con l’obiettivo di sensibilizzare i giovani sull’uso consapevole della rete e sul ruolo attivo e responsabile di ciascuno nella realizzazione di internet quale luogo positivo e sicuro. L’appuntamento si tiene ogni secondo giorno della seconda settimana del mese di febbraio e quest’anno cade proprio il 7 febbraio, in coincidenza con la Giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo.
A tracciare una definizione precisa del fenomeno è la Legge n. 71 del 2017 (“Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”), la quale identica il “cyberbullismo” come «qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali realizzati, per via telematica, a danno di minori, nonché la diffusione di contenuti on line riguardanti uno o più componenti della famiglia di un minore con lo scopo di isolarlo, attaccarlo o metterlo in ridicolo» (art. 1, comma 2, Legge 71/2017).
La stessa legge consente altresì ai minori ultraquattordicenni o ai loro genitori di richiedere al gestore del sito web o del social media l’eliminazione, l’oscuramento o il blocco di contenuti offensivi che ritengono essere atti di cyberbullismo, prevedendo altresì la possibilità rivolgersi direttamente al Garante per la protezione dei dati personali, nel caso in cui la richiesta non fosse soddisfatta entro 24 ore e i contenuti lesivi non venissero cancellati.
Il fenomeno del cyberbullismo ha gravi implicazioni per i ragazzi che lo subiscono: la dimensione virtuale attraverso cui si manifesta moltiplica i danni di un singolo atto di bullismo, dal momento che anche un’unica offesa può essere veicolata e riprodotta tantissime volte, aumentando a dismisura il numero di destinatari e quindi l’ampiezza dell’offesa ricevuta, così come l’impatto psicologico per la vittima.
Bullismo e cyberbullismo rappresentano una piaga sociale molto diffusa tra gli adolescenti.
A tal proposito, sono allarmanti i dati dell’indagine “Tra digitale e cyber risk: rischi e opportunità del web”, realizzata dal Moige – Movimento Italiano Genitori, in collaborazione con l’Istituto Piepoli, che ha analizzato il rapporto dei minori con il web e i vari device intervistando 1.316 minori dai 6 ai 18 anni.
Secondo quanto rilevato dall’indagine, nel 2022, dopo il periodo pandemico e il lockdown, in Italia gli episodi di bullismo e cyberbullismo tra minorenni sono aumentati rispettivamente del 10% e dell’8%. I minori vittime di prepotenze nella vita reale, o che le abbiano subite qualche volta sono il 54%, contro il 44% del 2020; mentre il 31% dei minori è stato, almeno una volta, vittima di cyberbullismo, a fronte del 23% del 2020.
Il fenomeno sembra poi interessare in misura maggiore i ragazzi rispetto alle ragazze sia nella vita reale (il 57% dei maschi è stato vittima di prepotenze, contro il 50% delle femmine) sia in quella virtuale (32% contro 29%).
Inoltre, dall’analisi si evince che il 34% dei minori coinvolti nello studio conosce qualcuno che è stato vittima di prepotenze (nel 2020 erano il 29%), il 10% (+3%) ammette di aver preso parte ad episodi di prepotenza, il 6% ha usato foto o video per offendere altre persone. Un preoccupante 53% (+15% rispetto al 2020) riferisce invece di prendere abitualmente in giro uno o più amici, ma che lui/loro sanno che lo fa per scherzare.
Se il 52% è pienamente consapevole dei reati che commette intraprendendo un’azione di bullismo usando internet o lo smartphone, il 14% lo è abbastanza, mentre un 26% dichiara di non saperne nulla della gravità del reato.
Alla domanda su come si comportano i compagni quando assistono a episodi di bullismo, coloro che rispondono “aiutano la vittima” sono solo il 34% (nel 2020 era il 44%). “Un calo drastico, che forse potrebbe essere spiegato con una minore empatia sociale dovuta al distanziamento sociale e al lockdown, che ha impedito ai minori di intessere relazioni profonde” si spiega sul sito del Moige.
Migliora, invece, la percentuale degli insegnanti che, rendendosi conto di quanto accaduto, intervengono prontamente (46% contro il 40% del 2020); tuttavia, un 7% dichiara che i docenti, sebbene si rendano conto di quanto succede, non fanno nulla per fermare le prepotenze.
Lo studio, inoltre, restituisce un’immagine di una generazione sempre più iperconnessa. In particolare, si evidenzia che il 22% dei minori supera le 5 ore al giorno connesso; il 63% si collega ad internet senza alcuna supervisione (nel 2021 era il 59%) e al 15% capita sempre o spesso di rinunciare ad ore di sonno per stare di più su internet.
I dati evidenziati dall’indagine sono certamente eloquenti e richiamano l’attenzione sull’importanza di educare i giovani a un utilizzo consapevole e responsabile della rete internet, nonché alla prosocialità, all’empatia, alla condivisione, alla giustizia, costruendo e promuovendo una cultura fondata sul rispetto reciproco, sulla solidarietà, sull’alleanza, sulla cooperazione, che scoraggi la messa in atto di comportamenti basati sulla prevaricazione e l’utilizzo dell’aggressività.[2]
“Quando si parla di internet e minorenni pensare di vietare non è realistico – ha dichiarato l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, Carla Garlatti, in occasione del Safer Internet Day 2023 – occorre garantire una navigazione sicura e assicurare i diritti dei minorenni connessi all’uso della rete”, aggiungendo “Rendere sicuro internet significa assicurare ai ragazzi una risorsa preziosa”.
L’indagine completa è disponibile sul sito del Moige, al seguente link.
[1] Per approfondimenti, si rimanda all’articolo “Bullismo e cyberbullismo: definizione del fenomeno, caratteristiche, criteri distintivi e dimensioni quantitative”
[2] Per approfondimenti, si rimanda all’articolo “Come combattere il bullismo? Prevenzione, educazione, ascolto e osservazione attiva: il ruolo fondamentale della famiglia e della scuola”
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