Giovani e pandemia: un’analisi dei vissuti scolastici e relazionali. Meno incontri con gli amici e più social, il 67% degli studenti boccia la Dad: l’indagine Istat sugli alunni delle scuole secondarie

Le misure restrittive adottate allo scoppio della pandemia da Covid-19 hanno, senza dubbio, cambiato radicalmente la vita quotidiana dei più giovani, incidendo sul vissuto scolastico, sulla sfera relazionale, sul rapporto con le tecnologie digitali e trasformando il modo di vivere le amicizie.

In particolare, con il distanziamento sociale e il lungo periodo di restrizioni, gli incontri con gli amici hanno subito una netta riduzione e, di contro, sono sensibilmente aumentati i contatti virtuali attraverso l’utilizzo di chat o social network, nonché la frequenza di chiamate telefoniche e videochiamate.

E’ quanto emerge dai primi dati dell’“Indagine sugli alunni delle scuole secondarie”, pubblicata pochi giorni fa dall’Istat e riferita al 2021.

In base ai risultati dell’indagine – condotta su un campione di circa 41 mila alunni delle scuole secondarie di primo e di secondo grado – si evidenzia che, rispetto al periodo pre-pandemico, la frequenza con cui si vedevano gli amici è diminuita per il 50,5% degli alunni delle scuole secondarie – ben uno su due –, mentre il ricorso a chat e social media per comunicare è cresciuto per il 69,5% dei ragazzi.

In riferimento al primo dato, il nuovo report Istat mostra poi un divario tra studenti italiani e stranieri: infatti, se a frequentare meno gli amici è stato il 50,9% degli alunni con cittadinanza italiana, per gli alunni stranieri il dato cala al 46,2%. Tuttavia, come spiega l’Istat, tale differenza è dovuta al fatto che i ragazzi stranieri hanno meno di frequente relazioni con i pari: già prima della pandemia il 17,3% degli alunni stranieri delle scuole superiori non vedeva mai amici al di fuori dell’orario scolastico, contro il 5,8% degli alunni italiani.

Un divario tra studenti italiani e stranieri si registra anche per quanto riguarda il ricorso a chat e social network. Infatti, sebbene l’incremento dell’uso di social abbia interessato sia gli alunni italiani sia quelli stranieri, questi ultimi hanno compensato in misura minore il distanziamento fisico dagli amici con la tecnologia: l’utilizzo è, infatti, aumentato per il 69,9% degli italiani, contro il 64,1% dei ragazzi stranieri.

Oltre ad esplorare l’impatto che l’emergenza ha avuto sul mondo relazionale dei più giovani, l’indagine Istat analizza come i giovani hanno vissuto la pandemia, anche dal punto di vista scolastico, soprattutto in riferimento alla didattica alla distanza (DAD).

Per quanto riguarda questo secondo aspetto, la grande maggioranza degli alunni delle scuole secondarie boccia la didattica a distanza. Secondo le rilevazioni Istat, infatti, il 67,7% degli studenti preferisce le lezioni in presenza, con una lieve differenza di genere: le ragazze sostengono maggiormente la didattica in presenza (69,5%) rispetto ai ragazzi (66,1%). Tuttavia, le differenze più marcate si riscontrano ancora una volta tra alunni italiani e stranieri: il 68,3% dei ragazzi italiani preferisce la didattica in presenza, mentre per gli alunni stranieri tale percentuale si abbassa notevolmente, attestandosi al 60,3%.

Inoltre, ben il 70,2% degli alunni trova più faticoso seguire la didattica a distanza e più della metà dei ragazzi (il 50,9%) segnala problemi di connessione a casa.

Ragazzi e ragazze hanno sperimentato per la prima volta un modo del tutto nuovo di “andare a scuola” pur rimanendo a casa. «Il ricorso ”obbligato” alla didattica a distanza – sottolinea l’Istat nel suo report – ha sicuramente introdotto un cambio di passo nell’utilizzo dell’ICT ma anche nuovi elementi di diseguaglianza connessi a divari digitali (e socio-economici) pre-esistenti».

Non tutti i ragazzi, infatti, disponevano degli strumenti più adeguati: la percentuale di stranieri che hanno potuto seguire con continuità le lezioni online nel periodo compreso tra marzo e giugno 2020 è pari al 71,4%, a fronte dell’80% dei ragazzi italiani.

Nonostante, quindi, durante l’emergenza le scuole, insieme a strutture pubbliche e del privato sociale, abbiano provato a sostenere i ragazzi più svantaggiati mettendo a disposizione pc e tablet, i primi risultati dell’indagine rendono evidente come, anche dopo il primo lockdown, non sia stato possibile appianare completamente i divari.

In particolare, nell’a.s. 2020/2021, gli alunni stranieri, per seguire le lezioni online, hanno utilizzato meno il PC rispetto ai loro coetanei italiani (con una quota del 72,1% contro l’85,3% degli italiani), facendo, di conseguenza, maggiormente ricorso al cellulare (nel 64,3% dei casi a fronte del 53,7% degli italiani); oltre al fatto che si sono trovati a dover gestire situazioni logistiche più complesse.

La didattica a distanza, poi, non ha riscosso grande successo neanche tra i dirigenti scolastici coinvolti dall’indagine, per i quali il radicale e improvviso cambiamento nella vita scolastica e quotidiana dei ragazzi, causato dalla pandemia, ha penalizzato il loro apprendimento: la maggior parte di essi (il 63,4%) ritiene che ad esser danneggiati siano stati solo alcuni studenti, ma il 29,8% pensa che il problema abbia investito addirittura tutti gli studenti; mentre solo un’esigua percentuale (il 6,7%) crede che la pandemia non abbia generato alcun effetto negativo.

Nonostante il giudizio espresso dai dirigenti scolastici in merito alla DAD non sia del tutto positivo, sembra che il maggiore utilizzo delle tecnologie e della comunicazione a distanza indotto dalla pandemia sia un’esperienza da valorizzare: il 31,5% dei dirigenti vorrebbe che anche dopo la pandemia si svolgesse parte della didattica a distanza. A dichiararsi maggiormente a favore sono i dirigenti delle scuole superiori, con una percentuale del 41,4%, contro il 22,9% dei dirigenti delle scuole secondarie di primo grado.

Inoltre, il 93,5% dei dirigenti spera in un maggiore ricorso a materiali digitali, biblioteche online, filmati, etc.; l’85,6% manterrebbe anche forme di didattica alternativa come le flipped classroom o “classi capovolte” che prevedono la partecipazione attiva degli studenti e la valorizzazione delle risorse digitali e delle reti sociali; l’82% vorrebbe mantenere online i colloqui tra docenti e i genitori; il 78,5% vorrebbe svolgere a distanza anche le riunioni e i collegi docenti e oltre il 70% vorrebbe rafforzare l’interazione a distanza tra studenti e docenti.

Infine, i dati dell’indagine mostrano che la pandemia ha condotto anche verso un peggioramento percepito della situazione economica della famiglia, per molti ragazzi, e in modo particolare tra coloro che ancor prima dello scoppio della pandemia si sentivano in difficoltà. In particolare, a segnalare una maggiore difficoltà è il 29,4% del campione di ragazzi (tra gli stranieri la percentuale raggiunge il 39,1% , mentre scende al 28,7% tra gli italiani).

Secondo la percezione soggettiva dei ragazzi – non necessariamente corrispondente alla situazione economica oggettiva del nucleo familiare –, i più colpiti sono coloro che già si trovavano in difficoltà: tra quanti si percepivano già poveri in precedenza (il 4% degli alunni italiani e l’11,3% degli alunni stranieri delle scuole secondarie) la situazione è peggiorata nel 68,5% dei casi.

Il report è disponibile sul sito dell’Istat, al seguente link.

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